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COP27 – ULTIMO ATTO: Nasce il fondo Loss&Damage, ma Ue e Onu sono deluse: “Sullo stop ai fossili neppure una parola”

La 27a edizione della Conferenza ONU sul clima, che si è tenuta nelle ultime due settimane a Sharm-El-Sheikh, si chiude con un accordo già definito “rivoluzionario”: istituito, dopo estenuanti trattative, il fondo per le Perdite e i Danni, ma della richiesta di “eliminare” i combustibili fossili, come chiesto dall’Europa, il Documento finale non fa menzione. Il vicepresidente della Commissione UE Timmermans: “Avremmo dovuto fare molto di più, e questo vuol dire ridurre le emissioni molto più rapidamente”, parole che raccolgono l’appoggio del Segretario generale ONU Guterres

Pubblicato il 20 Nov 2022

Credit: UN Climate Change

L’UN Climate Change lo ha definito “rivoluzionario” nella sua nota ufficiale, ma l’attesissimo Accordo su “perdite e danni” con cui stamane si è chiusa la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP27 è solo una faccia della medaglia: perché se la Cover Decision conclusiva salva l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, grande conquista di Glasgow, e sottolinea l’importanza della transizione alle fonti rinnovabili nonché l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili, è anche vero che l’intesa chiede soltanto la “riduzione della produzione elettrica a carbone con emissioni non abbattute, non l’eliminazione”. E soprattutto, non dice nulla su “riduzione o eliminazione dell’uso dei combustibili fossili”, come avevano chiesto diversi Paesi, fra cui India e UE.

Davanti a questo risultato, l’Unione europea ha quindi espresso “delusione” per la “mancanza di ambizione” nella tabella di marcia per ridurre le emissioni di CO2. E per voce del vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans, aggiunge: “Quello che abbiamo davanti non è abbastanza da costituire un passo in avanti per la popolazione del pianeta. Non porta sufficienti sforzi aggiuntivi da parte degli inquinatori maggiori per un incremento e un’accelerazione delle loro emissioni”.

Summit al gran finale dopo due settimane di trattative

Dopo due settimane di trattative, la Cop27 si conclude dunque così all’alba di domenica, tra la gioia dei Paesi africani e il disappunto dell’Unione europea. La plenaria conclusiva era stata programmata in un primo momento per le 21 di sabato, poi è slittata di ora in ora e alla fine ha preso il via alle 4 del mattino.

Ma vediamo nel dettaglio con quali risultati si sono chiuse le due settimane di lavori a Sharm-El-Sheikh: un summit che ha riunito più di 45.000 partecipanti per condividere idee, soluzioni e costruire partnership e coalizioni. 

Perdite e danni: nasce il Fondo dedicato

L’Accordo sul nodo nevralgico del Loss&Damage, i risarcimenti ai Paesi vulnerabili – quelli meno responsabili delle emissioni in atmosfera – per perdite e danni dovuti al climate change, è stato infine raggiunto (SCARICA QUI IL DOCUMENTO DI INTESA FINALE), ma si è trattato di un parto lunghissimo.

Nel corso dei negoziati, il gruppo G77+Cina (che raccoglie 134 Paesi in via di sviluppo) ha mantenuto salda la sua richiesta di erogare a tutti i Paesi in via di sviluppo gli aiuti economici, nonostante il capo delegazione Ue Frans Timmermans avesse proposto di offrire i risarcimenti solo ai “più vulnerabili” per mancanza di risorse sufficienti. Sulla divisione si è trovato un punto di accordo sabato a metà giornata, quando la presidenza di Cop27 ha presentato un nuovo testo che recepiva parzialmente le richieste dei Paesi sviluppati, menzionando i ‘più vulnerabili’ ma abbozzando la questione dell’allargamento della base dei donatori. Su questo fronte, Usa, Europa, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone non volevano infatti essere i soli a metterci i soldi e avevano chiesto che a dare un contributo fossero anche altre potenze economiche, a cominciare dalla Cina.

A decidere quali saranno i Paesi vulnerabili che potranno utilizzare il fondo per il Loss and damage e quali le nazioni che dovranno contribuirvi sarà comunque un comitato istituito qui a Cop27 e che dovrà riferire alla Cop28 di Dubai l’anno prossimo. Sulla base della bozza si sono dunque create le condizioni per l’accordo, poi raggiunto nell’ultima notte di lavori.

Le cronache raccontano che il fronte di chi ha “ceduto” sul Loss and damage (vedi Ue) ha chiesto in cambio un impegno stringente, nel testo finale, perché si mantenesse “vivo” l’obiettivo di 1,5 gradi di riscaldamento in più rispetto all’era preindustriale. E che si menzionasse esplicitamente la graduale riduzione di tutte le fonti fossili, in particolare fissando il picco delle emissioni al 2025, passaggi quest’ultimi osteggiati da molti vicini “petrolieri” dei padroni di casa egiziani, a cominciare dall’Arabia Saudita. Richiesta soddisfatta la prima, ma non la seconda: da qui la “delusione” dell’Unione europea.

I governi  – spiega l’UN Climate Change – hanno preso la rivoluzionaria decisione di istituire nuovi accordi di finanziamento, nonché un fondo dedicato, per assistere i paesi in via di sviluppo nella risposta a perdite e danni. I governi hanno anche concordato di istituire un “comitato di transizione” per formulare raccomandazioni su come rendere operativi sia i nuovi accordi di finanziamento che il fondo alla COP28 del prossimo anno. La prima riunione del comitato di transizione dovrebbe svolgersi entro la fine di marzo 2023. Le parti hanno inoltre concordato le disposizioni istituzionali per rendere operativa la rete di Santiago per perdite e danni, per catalizzare l’assistenza tecnica ai paesi in via di sviluppo che sono particolarmente vulnerabili alle avversità effetti del cambiamento climatico”.

“Questo risultato ci spinge in avanti”, afferma Simon Stiell, segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici. “Abbiamo determinato una via da seguire in una conversazione decennale sui finanziamenti per perdite e danni, deliberando su come affrontare gli impatti sulle comunità le cui vite e mezzi di sussistenza sono stati rovinati dai peggiori impatti del cambiamento climatico”.

Mitigazione: Ndc da rivedere entro il 2023

A Sharm el-Sheikh è stato lanciato un programma di lavoro sulla mitigazione, volto a intensificare con urgenza le ambizioni e l’attuazione della mitigazione. Il programma di lavoro inizierà subito dopo la COP27 e proseguirà fino al 2030, con almeno due dialoghi globali tenuti ogni anno. Ai governi è stato inoltre chiesto di rivedere e rafforzare gli obiettivi del 2030 nei loro piani climatici nazionali entro la fine del 2023, nonché di accelerare gli sforzi per ridurre gradualmente l’energia a carbone senza sosta e eliminare gradualmente i sussidi inefficienti ai combustibili fossili. Il testo della decisione riconosce che la crisi energetica globale senza precedenti sottolinea l’urgenza di trasformare rapidamente i sistemi energetici per renderli più sicuri, affidabili e resilienti, accelerando le transizioni pulite ed eque verso le energie rinnovabili durante questo decennio critico di azione.

La Cop27 riconosce inoltre che per mantenere l’obiettivo di 1,5 gradi è necessaria una riduzione delle emissioni del 43% al 2030 rispetto al 2019. Con gli impegni di decarbonizzazione attuali tuttavia il taglio di emissioni sarebbe solo dello 0,3% al 2030 rispetto al 2019.

Adattamento: nuovi impegni per 230 milioni di dollari

La COP27 ha visto progressi significativi in materia di adattamento, con i governi che hanno concordato la strada da seguire per l’obiettivo globale sull’adattamento, che si concluderà alla COP28 e informerà il primo Global Stocktake, migliorando la resilienza tra i più vulnerabili. Alla COP27 sono stati assunti nuovi impegni, per un totale di oltre 230 milioni di dollari, al Fondo di adattamento

Il presidente della COP27 Sameh Shoukry ha annunciato l’Agenda per l’adattamento di Sharm el-Sheikh, migliorando la resilienza per le persone che vivono nelle comunità più vulnerabili dal punto di vista climatico entro il 2030. Il Comitato permanente per le finanze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è stato invitato a preparare un rapporto sul raddoppio dei finanziamenti per l’adattamento da esaminare alla prossima COP28 anno.

Net zero nel 2050: nasce il Piano di attuazione con gli investimenti necessari

Sull’adattamento al riscaldamento globale, il documento chiede di aumentare i fondi e di studiare la possibilità di un raddoppio (a Glasgow si era parlato direttamente di raddoppiarli). La Cop27 ritiene che per arrivare a zero emissioni nette nel 2050 sia necessario investire fino al 2030 4.000 miliardi di dollari all’anno in rinnovabili e altri 4-6.000 miliardi di dollari in economia a base emissioni.

La decisione di copertura, nota come il Piano di attuazione di Sharm el-Sheikh (SCARICA QUI IL DOCUMENTO ORIGINALE), sottolinea che una trasformazione globale verso un’economia a basse emissioni di carbonio dovrebbe richiedere investimenti per almeno 4-6 trilioni di dollari all’anno. La fornitura di tali finanziamenti richiederà una trasformazione rapida e completa del sistema finanziario e delle sue strutture e processi, coinvolgendo governi, banche centrali, banche commerciali, investitori istituzionali e altri attori finanziari.

Cleantech: al via un programma quinquennale 

COP27 ha visto il lancio di un nuovo programma di lavoro quinquennale alla COP27 per promuovere soluzioni tecnologiche per il clima nei paesi in via di sviluppo.

Finanza climatica: il fondo da 100 miliardi è ancora un sogno

Il documento finale di Cop27 nota “con seria preoccupazione” che non è stato ancora istituito il fondo da 100 miliardi all’anno dal 2020 previsto dall’Accordo di Parigi per aiutare i paesi meno sviluppati nelle politiche climatiche. Secondo le previsioni, non se ne parlerà fino al 2023. Il flusso di finanza climatica ai paesi in via di sviluppo nel biennio 2019-2020 è stato di 803 miliardi, il 31-32% di quanto necessario a mantenere gli obiettivi di 1,5 o 2 gradi.

L’UN Climate Change fa sapere che “i Paesi sviluppati sono stati sollecitati a raggiungere l’obiettivo e le banche multilaterali di sviluppo e le istituzioni finanziarie internazionali invitate a mobilitare finanziamenti per il clima”. Alla COP27 intanto sono proseguite le deliberazioni sulla definizione di un “nuovo obiettivo quantificato collettivo sui finanziamenti per il clima” nel 2024, tenendo conto delle esigenze e delle priorità dei paesi in via di sviluppo.

Due settimane di annunci: tutte le intese raggiunte a Cop27

In pillole, ecco gli altri risultati annunciati nel corso di Cop27:

  • I paesi che rappresentano oltre il 50% del PIL globale hanno lanciato un pacchetto di 25 nuove azioni collaborative (la Breakthrough Agenda) in cinque aree chiave: energia, trasporto su strada, acciaio, idrogeno e agricoltura, settori che rappresentano oltre il 50% delle emissioni globali di gas a effetto serra e sono anche progettate per ridurre i costi energetici e migliorare la sicurezza alimentare, con l’aggiunta dei settori dell’edilizia e del cemento all’agenda del prossimo anno
     
  • Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha annunciato un Piano da 3,1 miliardi di dollari per garantire che tutti gli abitanti del pianeta siano protetti da sistemi di allerta precoce entro i prossimi cinque anni.
     
  • A Cop27 è stato lanciato un piano guidato dal G7, chiamato Global Shield Financing Facility, per fornire finanziamenti ai Paesi colpiti da disastri climatici.
     
  • Annunciando un totale di 105,6 milioni di dollari in nuovi finanziamenti, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Slovenia, Svezia, Svizzera e la regione vallona del Belgio, hanno sottolineato la necessità di un sostegno ancora maggiore per i fondi del Global Environment Facility destinati all’immediato adattamento climatico bisogni degli stati bassi e a basso reddito.
     
  • Il nuovo Partenariato indonesiano per una transizione energetica equa, annunciato al vertice del G20 tenutosi in parallelo con la COP27, ha fatto sapere che mobiliterà 20 miliardi di dollari nei prossimi tre-cinque anni per accelerare una transizione energetica equa.
     
  • Importanti progressi sono stati compiuti nella protezione delle foreste con il lancio della Forest and Climate Leaders’ Partnership, che mira a unire l’azione di governi, imprese e leader della comunità per arrestare la perdita di foreste e il degrado del suolo entro il 2030.

Tracciato un percorso a 360 gradi al Vertice dei leader

Il Vertice mondiale dei leader, tenutasi nell’arco di due giorni durante la prima settimana della conferenza, ha convocato sei tavole rotonde ad alto livello. L’UN Climate Change fa sapere che “le discussioni hanno evidenziato soluzioni – su temi quali la sicurezza alimentare, le comunità vulnerabili e la giusta transizione – per tracciare un percorso per superare le sfide climatiche e come fornire i finanziamenti, le risorse e gli strumenti per realizzare efficacemente l’azione per il clima su larga scala”.

La voce dei giovani nelle future scelte politiche

Ai giovani in particolare è stata data maggiore importanza alla COP27 rispetto alle Conferenze precedenti, con il segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che ha promesso di sollecitare i governi non solo ad ascoltare le soluzioni proposte dai giovani, ma a incorporare tali soluzioni nel processo decisionale e politico. I giovani hanno fatto sentire la loro voce attraverso il primo padiglione nel suo genere per bambini e giovani, nonché il primo Forum sul clima guidato dai giovani.

A Cop28 il primo punto sull’attuazione dell’Accordo di Parigi

“Abbiamo davanti a noi una serie di pietre miliari. Dobbiamo lavorare insieme, con determinazione, attraverso tutti i processi, siano essi nazionali, regionali o altri come il G20. Ogni singolo traguardo è importante e crea slancio”, ha affermato Stiell, ricordando in plenaria di chiusura che, secondo il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, le emissioni di gas serra devono diminuire del 45% entro il 2030 per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.

“Il prossimo passo per il cambiamento è proprio dietro l’angolo, con la gestione del Primo Inventario Globale (Global Stocktake) da parte degli Emirati Arabi Uniti, che ospiteranno la prossima edizione della Conferenza delle parti sul clima. Per la prima volta faremo il punto sull’attuazione dell’accordo di Parigi. Valuterà in modo indipendente i progressi che abbiamo fatto e se i nostri obiettivi sono adeguati. Informerà ciò che tutti, ogni singolo giorno, ovunque nel mondo, devono fare per evitare la crisi climatica”.

L’orgoglio del presidente Shoukry

“Il lavoro che siamo riusciti a svolgere qui nelle ultime due settimane e i risultati che abbiamo raggiunto insieme sono una testimonianza della nostra volontà collettiva, come comunità di nazioni, di esprimere un messaggio chiaro che risuona forte oggi, qui in questa stanza e in tutto il mondo – aggiunge il presidente della COP27, Sameh Shoukry – : quella diplomazia multilaterale funziona ancora, e nonostante le difficoltà e le sfide dei nostri tempi, la divergenza di opinioni, il livello di ambizione o apprensione, rimaniamo impegnati nella lotta contro il cambiamento climatico. Siamo stati all’altezza della situazione, abbiamo assunto le nostre responsabilità e abbiamo preso le decisioni politiche importanti e decisive che milioni di persone in tutto il mondo si aspettano da noi”.

Ma l’Ue resta fortemente delusa: “Misure non sufficienti”

Se la presidenza del Summit non nasconde il suo orgoglio per i risultati raggiunti, l’Unione Europea palesa invece tutta la sua delusione per un’occasione di fatto persa. Il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, intervenendo alla plenaria conclusiva, ha fatto presente infatti che il documento finale della Cop27  “non è sufficiente” nella lotta al cambiamento climatico, e la novità del fondo per i loss and damage “non è sufficiente per la mitigazione”.

 “Vi chiedo di riconoscere che tutti abbiamo mancato nell’azione per minimizzare le perdite e i danni – ha proseguito Timmermans -. Avremmo dovuto fare molto di più, e questo vuol dire ridurre le emissioni molto più rapidamente”. Per il vicepresidente della Commissione “noi abbiamo cercato di portare tutti sull’obiettivo di 1,5 gradi, sul picco delle emissioni al 2025 e su una chiara intenzione di eliminare i combustibili fossili. Questa settimana abbiamo sentito 80 paesi sostenere questi obiettivi. Tristemente, non li vediamo riflessi qui. Alcuni hanno messo barriere non necessarie sulla strada. Ma noi non ci fermeremo dal lottare per fare di più”.

Timmermans ha spiegato che, durante i negoziati, “ci sono stati molti tentativi di tornare indietro perfino dagli impegni di Glasgow. Qualcuno ha paura della transizione, dei costi del cambiamento. Io capisco tutte queste preoccupazioni, molti europei le condividono. Ma io voglio chiedere a tutti i colleghi di trovare il coraggio di superare questo, e io tendo la mano a voi per aiutarvi”. “Abbiamo già perso un sacco di tempo – ha concluso -. Ritroviamo la spinta che abbiamo avuto a Glasgow, difendiamo le ambizioni di Glasgow. Noi oggi cominciamo a preparare la Cop del 2023”.

Guterres: “Ridurre le emissioni: un problema irrisolto”

Sulla stessa lunghezza d’onda anche le parole del Segretario generale Onu Antonio Guterres, che chiudendo il summit ha ammonito il mondo sulla questione emissioni: “Il nostro pianeta è ancora al ‘pronto soccorso’ – ha detto -. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un problema che questa COP non ha affrontato.   Un fondo per perdite e danni è essenziale, ma non è una risposta se la crisi climatica spazza via dalla mappa un piccolo stato insulare o trasforma un intero paese africano nel deserto.  Il mondo ha ancora bisogno di un passo da gigante in termini di ambizione climatica”. 

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